IL DATTERINO DI ARTUSI – IL GELO DI CANNELLA

Un’idea di dolce semplice, leggero e dai sapori autunnali.

Ingredienti (per circa 6 persone)

  • 1 l acqua
  • 40 g di stecche di cannella
  • 90 g di amido di mais
  • 170 g di zucchero
  • 100 g di pistacchi tostati

Preparazione:

Prima di preparare il gelo di cannella mettete in infusione le stecche di cannella nell’acqua. Lasciatele in infusione per almeno un giorno.

Il giorno dopo, trascorso il tempo di infusione, portate a ebollizione l’infuso che avrà assunto ormai un colore ambrato e sprigionerà un profumo intenso di cannella. Lasciate quindi riposare fino a completo raffreddamento. Dopodichè filtrate il liquido e aggiungete l’acqua necessaria per ripristinare il peso iniziale ovvero un litro, in quanto in parte il liquido sarà stato assorbito dalle stecche di cannella.

In una pentola a fuoco molto basso bisogna quindi mescolare lo zucchero e l’amido di mais, aggiungendo a poco a poco l’acqua aromatizzata fino ad ottenere un composto omogeneo.

Bagnate dei pirottini e versateci all’interno il composto. Lasciate risposare a temperatura ambiente fino a che il gelo non si sia raffreddato. Dopodichè copriteli con pellicola e lasciateli riposare in frigorifero per circa 4-6 ore.

Noi abbiamo servito il gelo di cannella con dei pistacchi tostati tritati e decorato con una stecca di cannella.

MODUS, MILANO

“Ingredienti prelibati e amore per il Cilento, in cucina non uso altro. La mia passione nasce dalle mie origini, il mio stile prende ispirazione, forza e generosità dalla mia terra”.

Con queste parole, che si traducono in modo diretto nei piatti, Paolo ci accompagna nel goloso mondo della cucina Cilentana. Il menù propone antipasti, le pizze con impasto classico napoletano e una versione cilentana definita “come una volta”, alcuni primi piatti e secondi, ed infine i dolci.

Come antipasto ci siamo lasciati tentare dai fritti, abbiamo assaggiato il crocchè di patate versione Cilentana, quindi con provola affumicata e soppressata (di Gioi), le polpette di baccalà e la pizza fritta Cilentana con pomodoro cotto e la cacioricotta di capra. Tutto delizioso.

Il viaggio è proseguito con l’assaggio della pizza “come una volta”, impasto con lievito madre e farine provenienti da grani locali macinati a pietra e totalmente integrali. Abbiamo scelto la Cilentana sbagliata, pomodoro cotto, olio, cacioricotta di capra e fior di latte; marinara cilentana, pomodoro a pacchelle, aglio, olive, alici, capperi, olio e origano. Impasto autentico, che vuole raccontare appunto qualcosa di diverso, “come una volta”.

Ultima tentazione i cannoli Cilentani, una versione meno pretenziosa del sublime cannolo siciliano, che prevedono la farcitura con crema pasticcera gialla e al cacao.

Vini: Vetere Cantine San Salvatore

Ecco alcuni scatti….

IL DATTERINO CON LA VALIGIA – REGNO UNITO – CHRISTMAS PUDDING – LA RICETTA 2023

Il Christmas Pudding (letteralmente, “dolce di Natale”) è un tipico dolce natalizio, originario delle isole Britanniche, la cui preparazione lenta, il gusto speziato e caldo e il cerimoniale del servizio sono un diretto richiamo al senso del Natale. Si tratta di un dolce a base di frutta secca, canditi e brandy cotto molto lentamente a vapore, la cui ricetta è antichissima, anche se la versione classica che conosciamo è stata codificata in epoca vittoriana.

Negli ultimi 10 anni abbiamo sperimentato diverse versioni, fino a giungere a quella che vi proponiamo quest’anno, forse la definitiva.

Per ulteriori informazioni relative alle origini della ricetta potete far riferimento al post pubblicato qualche anno fa: https://ildatterino.com/2017/12/04/il-datterino-con-la-valigia-regno-unito-christmas-pudding/

Ingredienti (per 4 pudding; 6 persone )

  • 300 g di uva sultanina
  • 300 g di uvetta di Corinto
  • 450 g di fichi secchi
  • 300 g di albicocche secche
  • 400 ml di brandy
  • 2 cotogni (o mele renette)
  • 3 arance, succo e scorza
  • 1 limone (scorza)
  • 6 uova
  • 250 g di burro (o strutto; evitate i grassi vegetali)
  • 300 g di zucchero moscovado
  • 120 g di pangrattato
  • 300 g di farina 00
  • 2 cucchiai di spezie in polvere (cannella, noce moscata, chiodi di garofano)

Procedimento

Tagliare la frutta a pezzetti. Aggiungere il brandy alla frutta e mescolare. Lasciare riposare per una notte.

Grattugiare la scorza del limone e delle arance e spremere il succo delle arance, filtrarlo e tenere da parte. Grattugiare i cotogni grossolanamente.

In una ciotola sbattere le uova intere con lo zucchero; aggiungere al composto la scorza degli agrumi e le spezie. Continuando a mescolare con un cucchiaio di legno (o nella planetaria con gancio a foglia a velocità minima), aggiungere la farina, il pangrattato e il burro ammorbidito a pezzetti. Quando l’impasto sarà omogeneo aggiungere i cotogni grattugiati e il succo d’arancia.

Aggiungere al composto tutta la frutta secca (che avrà assorbito completamente il brandy) e rimestare fino a incorporare completamente. Come da tradizione, potete chiedere ai vostri familiari di prendere parte a questa operazione ed esprimere un desiderio; l’uso vuole che il movimento con il cucchiaio di legno sia eseguito in senso orario (da Oriente a Occidente, come il percorso dei Magi).

Preparate i contenitori a zuccotto, di vetro termoresistente o di ceramica, e spennellate il fondo con burro fuso; ponete sul fondo un disco di carta da forno. Se volete, potete anche utilizzare contenitori più piccoli per pudding o contenitori di alluminio monodose.

Versate il composto nei contenitori e coprite con un duplice involucro di carta da forno e alluminio, come nella foto. Dopo aver sovrapposto i due fogli, fate una piega e rivestite gli stampi. Chiudete con dello spago da cucina, facendo due-tre passaggi al centro che possano servire per sollevare il contenitore.

Nel dolce potrete inserire una monetina, posta nella parte esterna e in direzione del taglio che farete al momento del servizio. Prima di questa procedura, è utile far bollire la moneta in acqua per almeno 15 minuti.

Ponete in una casseruola ampia dotata di coperchio in cui avrete sistemato uno spessore di metallo o ceramica sul fondo (es un piattino di una tazzina da caffè). Aggiungete acqua fredda finché il livello sia appena sopra il fondo del contenitore del pudding. Coprite con il coperchio e portate ad ebollizione a fuoco vivace. Riducete quindi la fiamma e lasciate sobbollire per almeno 5 ore, provvedendo ad aggiungere acqua in ebollizione quando il livello scende troppo; il pudding verrà così cotto lentamente a vapore.

Per un risultato più compatto e un colore più brunastro, lasciate cuocere 6-8 ore. Un ottimo metodo è quello di utilizzare per la cottura una pentola a pressione con la valvola in posizione aperta, in modo che si mantenga una cottura a vapore ma non a pressione. La chiusura ermetica della pentola vi permetterà di ridurre notevolmente il numero di rabbocchi (potrete aggiungere acqua ogni 60-90 minuti).

Una volta completata la cottura, lasciate raffreddare; non aprite l’involucro. Conservate in luogo fresco e asciutto; il pudding si conserva molto bene fino a due mesi.

Arrivato il momento di servire il dolce, ancora nel suo involucro, riponetelo in una casseruola e riscaldatelo a vapore per circa un’ora. Sformatelo, capovolgendolo su un piatto da portata e cospargetelo con circa 100mL di brandy.

Portate in tavola il dolce e fiammeggiate (accendete il dolce con una fiamma o accendete prima il brandy in un mestolino e versatelo poi sul pudding); il risultato lascerà tutti i vostri commensali a bocca aperta. Servite con una crema al burro o dell’ottimo gelato alla vaniglia.

IL DATTERINO DI ARTUSI – LA TORTA PATUNA

La Patuna è un dolce tipico bresciano. Semplice da realizzare, vi allieterà nelle uggiose giornate autunnali.

Ingredienti (per circa 6 persone)

  • 400 g farina di castagne
  • 500 g d’acqua
  • 50 g di olio
  • 10 g di sale
  • 80 g di zucchero (+20g per spolverare)
  • 50 g di uvetta
  • 30 g di mandorle dolci
  • 50 ml brandy

Preparazione:

In una ciotola mettete la farina con il sale e lo zucchero, aggiungete quindi poco per volta l’acqua e l’olio mescolando.

Ottenuto un composto fluido unite l’uvetta precedentemente fatta rinvenire nel brandy e il brandy utilizzato.

Versate il composto in una tortiera bassa e larga spennellata di olio. Infornate a 180°C per 10 minuti. A questo punto adagiate le mandorle in superfice.

Cuocete quindi in forno statico a 140-150° per 50-70 minuti, fino a quando compariranno crepe anche nella parte più centrale della superficie.

Il Datterino con la Valigia – Libano – Arayes

Non di rado alcune ricette che circolano da anni in piccole aree geografiche del pianeta e che magari provengono da storie lontane, saltano alla ribalta della cucina più cool attraverso la risonanza di alcuni ristoranti alla moda o food blogger particolarmente influenti. E di lì in poi tutti ne parlano.

In un piccolo ristorante al Carmel Market di Tel Aviv, l’M25, un paio di anni fa si iniziavano a riproporre nella vivace città bianca gli arayes, un piatto tipico della cucina levantina, diffuso in libano e tra gli arabi della galilea. Si tratta di una pita ripiena di carne speziata, di manzo e agnello, poi resa croccante da una cottura alla brace e servita con insalata israeliana o pomodori e salsa tahina.

L’idea di riproporre questa ricetta libanese ci è venuta da labna.it che a sua volta riprende la ricetta di Einat Admoni del suo libro Shuk. Si tratta di una ricetta piuttosto semplice e molto gustosa; con un po’ di pazienza potete preparare anche il pane pita avendo così un piatto del tutto homemade.

Ingredienti per 4 persone (8 arayes)

  • per le pitot:
    • 250 g di farina manitoba
    • 50 g di farina di semola di grano duro
    • 160 g di acqua
    • 15 g di lievito di birra fresco
    • 1 cucchiaino di zucchero
    • 2 prese di sale (circa 8 g)
  • per il ripieno
    • 500 g di macinato di manzo (se vi piace sostituitene la metà con macinato di agnello)
    • 50 g di prezzemolo tritato
    • 1 cucchiaino colmo di cumino in polvere
    • mezzo cucchiaino di pepe nero macinato
    • 1 cucchiaino di sale
    • 2 cipolle bianche tritate finemente
  • per la cottura
    • salamoia di olio, acqua e sale (3 cucchiai di olio, 3 cucchiai di acqua, 1 cucchiaino di sale)

Preparate le pitot. Impastate la farina con l’acqua e il lievito e lo zucchero, aggiungendo a poco a poco il sale, fino ad ottenere un panetto liscio ed elastico. Lasciate lievitare per un’ora e mezza a temperatura ambiente, coperto con un canovaccio umido.

Intanto preparate il ripieno mischiando tutti gli ingredienti.

Stendete le pitot in quattro dischi dello spessore di circa 1,5cm su un piano infarinato. Lasciate riposare per circa 15 minuti. Intanto scaldate una padella di ghisa o una pietra refrattaria. Trasferite quindi i dischi di pasta sulla pietra e cuocete su un lato fino alla comparsa di bolle sulla superficie; quindi girate le pitot e cuocete ancora per 1-2 minuti. Dovrebbero iniziare a gonfiarsi di vapore assumendo l’aspetto di piccoli cuscini. Se necessario rigiratele fino a quando saranno appena abbrustolite.

Trasferite le pitot su un piatto e coprite con una pellicola. Lasciate raffreddare. Riscaldate il forno, ventilato, a 200°.

Una volta raffreddate le pitot, tagliatele a metà ed apritele, ottenendo due tasche della forma di una mezzaluna. Riempite le pitot con il ripieno. Preparate la salamoia e pennellate le pitot su entrambi i lati. Trasferitele quindi sulla piastra rovente facendole cuocere per un paio di minuti su ogni lato e quindi in forno per 15 minuti, fino a quando saranno dorate e croccanti all’esterno e la carne sarà ben cotta.

Servitele quindi con insalata, pomodori e salsa tahina.

Come abbinamento vi proponiamo Gaston Hochar Chateau Musar Père et Fils.

Il Datterino di Artusi – Agnolotti alla Piemontese

Tipico piatto della tradizione culinaria piemontese, gli agnolotti sono una pasta ripiena dalla caratteristica forma quadrata; il ripieno è composto di carne di brasato o di stufato, formaggio, uova e di solito anche una piccola quantità di verdure cotte.

Sono un ricco piatto delle feste e possono essere serviti con il sugo di brasato, come vuole la tradizione, ma sono ottimi anche tuffati nel burro aromatizzato con salvia e aglio o serviti nella scodellina con il vino rosso, come anticamente si usava assaggiarne la cottura nelle antiche osterie.

La preparazione è piuttosto lunga, ma non particolarmente complessa. Si inizia il giorno prima con la cottura del brasato o dello stufato. La differenza è semplicemente legata alla rosolatura della carne, che nel brasato avviene prima della cottura nei liquidi, mentre nel caso dello stufato si cuociono tutti gli ingredienti da freddi.

Per preparare il classico brasato in questo contesto vi consigliamo un Barbera di buona qualità; iniziate da due pezzi di manzo (cappello del prete, fesa di sottospalla) di circa un chilogrammo l’uno: uno dei due servirà per il ripieno e il sugo, mentre l’altro potrete servirlo come secondo piatto.

Alla sera, mettete a marinare i tagli di carne con il vino (ne è sufficiente una bottiglia da 750mL, ma abbiate l’accortezza di immergere completamente la carne nel liquido), 4-5 carote, due cipolle bianche, 4-5 spicchi d’aglio, due coste di sedano al cuore. Le verdure dovranno essere tagliate a pezzettoni grossolani. Aggiungete le spezie, a piacere: rosmarino, alloro, ginepro, bacche di pepe nero, qualche foglia di salvia; irrinunciabili una decina di chiodi di garofano, una piccola stecca di cannella, una grattugiata generosa di noce moscata.

Lasciate marinare la carne in frigorifero fino alla mattina successiva.

Per lo stufato, trasferite tutto in una casseruola capiente (ad esempio di ghisa) e iniziate la cottura a fuoco vivace, fino a quando l’alcol sarà completamente evaporato, coprite e proseguite poi la cottura a bassissima fiamma, come descritto per il procedimento del brasato.

Per il brasato invece estraete i pezzi di carne dalla marinatura e asciugateli con un panno da cucina. Nel frattempo mettete sul fuoco la marinatura con tutti gli aromi e le verdure e portate ad ebollizione, lasciando quindi evaporare l’alcol per qualche minuto.

Preparate la casseruola di ghisa per la cottura, accendete il fuoco e scioglietevi una grossa noce di burro (meglio se chiarificato) e due cucchiai d’olio d’oliva. Fate ora rosolare la carne accuratamente su tutti i lati per qualche minuto. Aggiungete quindi a poco a poco aiutandovi con un mestolo il vino in ebollizione (è importante che non sia freddo) e le verdure e le spezie della marinatura. Aggiungete 4-5 generose prese di sale e abbassate la fiamma al minimo. Coprite e lasciate cuocere per almeno 4 ore, avendo cura di capovolgere i pezzi di carne a metà cottura.

Completata la cottura, estraete momentaneamente la carne e rimuovete dal sugo di cottura l’alloro, il rametto di rosmarino e la stecca di cannella. Frullate il sugo, ottenendo una crema più densa. Rimettete quindi nel sugo la carne. Potrete eventualmente ridurre ulteriormente il sugo in seguito, un paio d’ore prima di servire il brasato.

Procediamo ora con il ripieno.

Dosi abbondanti per 6 persone: 500 g di brasato (solo la carne), 150 g di spinaci lessati (facoltativo), 150 g di parmigiano grattugiato, 3 uova (valutare in base alla consistenza del ripieno), noce moscata, pepe bianco, sale.

Tritate la carne finemente, aggiungete le uova, il parmigiano e le spezie; a piacere potete ammorbidire e alleggerire un po’ il ripieno con degli spinaci lessati frullati. Lasciate riposare il ripieno in frigorifero per almeno un paio d’ore.

Prepariamo ora la pasta all’uovo.

600 g di farina 00 e 6 uova intere, una presa di sale. Impastate sulla spianatoia con la farina a fontana e una volta pronto il panetto, tenetelo da parte avvolto nella pellicola fino al momento di stendere la pasta.

Potete ora utilizzare una macchina per la pasta e un impasto per agnolotti (la forma di questa pasta ripiena è tipica e troverete in commercio stampi appositi). Lo spessore della pasta non dovrà essere troppo sottile e dopo la cottura dovranno risultare ancora callosi ed il ripieno bello sodo. Lo stampo dovrà essere infarinato con un misto di semola e farina ad ogni passaggio.

Tirate la pasta e disponetela sullo stampo; distribuite il ripieno con due cucchiaini sulla sfoglia e ricoprite con un foglio di pasta. Potete saldare gli agnolotti passando un matterello sullo stampo, facendo attenzione a non rompere l’involucro. Rivoltate quindi lo stampo sulla spianatoia e rifinite con una rotella dentata. Riponete gli agnolotti su un piatto infarinato con semola di grano duro e tenete da parte fino al momento della cottura.

Procedete completando tutta la pasta e tutto il ripieno.

Al momento della cottura, tuffateli in abbondante acqua salata in ebollizione a cui avrete aggiunto due cucchiai di olio d’oliva e cuocete per 3-4 minuti fino a consistenza desiderata.

Come abbiamo accennato, gli agnolotti possono essere conditi in molti modi. Qui vi suggeriamo i tre condimenti più classici della tradizione piemontese.

Al vino.

In alcune zone del monferrato è tradizione servire gli agnolotti in una coppetta di Barbera. Si tratta di una consuetudine ormai in disuso ma che si mantiene nel rito dell’assaggio: dopo un minuto circa di cottura, potete servire ad ogni commensale mezza dozzina di agnolotti nel vino; è così che i nostri nonni, di solito il padrone di casa, attestava la bontà della preparazione prima che fosse servita agli ospiti… il vino deve essere a temperatura ambiente.

Al burro e salvia.

Ottimo condimento per esaltare la qualità del ripieno. Fate sciogliere in un pentolino 25g di burro per ogni commensale insieme a 5-10 foglie di salvia intere e uno spicchio d’aglio. Servite poi con abbondante parmigiano.

Al sugo di brasato.

Questo è il tipico condimento delle feste, quando gli agnolotti vengono prodotti a partire da brasato o stufato di ottima qualità e cotto alla perfezione. Tenete da parte un mestolo di sugo del brasato per ogni commensale e trasferitelo in una casseruola insieme a circa 100 g di carne sfilacciata (dovreste avere così completato l’uso di uno dei due pezzi di carne), 50g di burro e un cucchiaio di concentrato di pomodoro. Lasciate ridurre per 30-60 minuti sul fuoco. Condite gli agnolotti e serviteli con abbondante parmigiano.

Il brasato rimasto sarà un ottimo secondo, servito con crostoni di polenta, patate al forno al rosmarino o un puré di patate… ma se siete già sazi, sarà delizioso anche riscaldato per il giorno successivo! Basta che sulla vostra tavola non manchi una bottiglia di buon Barbera d’Asti!

Il Datterino di Artusi – Crostata di Ricotta e Visciole

La crostata di ricotta e visciole è un tipico dolce della tradizione giudaico romanesca. Il caratteristico sapore acidulo delle visciole è arricchito da uno strato di crema alla ricotta che la rende un dolce ricco e gustoso.

Esistono diverse ricette, ad esempio anche senza uso di latticini. Qui vi proponiamo quella di labna.it, caratterizzata da una frolla al burro molto ricca e dalla lunga cottura della crema.

Per la base di frolla:

Ingredienti per 6 persone

400 g di farina 00

200 g di zucchero

200 g di burro a temperatura ambiente

4 tuorli d’uovo

scorza di limone

Per il ripieno:

400 g di ricotta

120 g di zucchero

1 uovo per il ripieno

2 cucchiai di sambuca

1 vasetto di confettura di visciole (350g)

Procedimento

Preparate la pasta frolla. Rompete il burro ammorbidito a pezzetti nella farina e zucchero e iniziate a impastare con le mani. Aggiungete i tuorli e la scorza di limone e impastate fino ad ottenere un panetto liscio. Avvolgetelo nella piccola e lasciatelo riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.

Preparate il ripieno mescolando la ricotta, l’uovo, lo zucchero e il liquore. Imburrate e infarinate una teglia a cerniera di 24 cm. Stendete la sfoglia in un disco spesso 5mm e rivestite la teglia. Bucherellate il fondo della crostata con una forchetta. Spalmate sul fondo della crostata la confettura e sopra di questo la crema di ricotta. Decorate la crostata con le classiche strisce di frolla e fate cuocere a forno caldo 174 C per circa un’ora.

Il Datterino con la Valigia – Falafel

Diffuse in tutto il mediterraneo orientale, i Falafel sono delle fragranti polpettine a base di legumi (ceci ma anche fave) profumate di coriandolo e cumino, da servire appena fritte accompagnate da verdure o come cibo di strada, tipicamente a farcire il tradizionale pane arabo (pita) con condimenti vari.

L’origine dei Falafel così come li conosciamo oggi risale probabilmente alla seconda metà dell’ottocento, anche se la loro ricetta deriva probabilmente dalle polpettine di fave (ta’amiya) che nelle comunità copte egiziane sostituivano la carne durante la quaresima. Questo cibo che si diffuse in Egitto fu in seguito trapiantato in oriente, soprattutto ad opera dei soldati che si spostarono verso la Siria durante le conquiste del comandante ottomano Ibrahim Pasha. I soldati, abituati alle polpettine di fave, sostituirono questo legume con i ceci più abbondanti e reperibili in quelle terre.

Per questa ricetta è importante utilizzare ceci di buona qualità, secchi e ammollati, ma non cotti che mantengono la consistenza dell’impasto che dovrà apparire grezzo e umido. E’ importante lasciare riposare l’impasto per alcune ore per ottenere delle polpette più compatte e malleabili. L’utilizzo di una piccola quantità di lievito chimico renderà i Falafel più gonfi e soffici dopo la frittura.

Vi proponiamo di seguito la ricetta ispirata ai Falafel di Ariel Rosenthal del ristorante Hakosem di Tel Aviv.

Ingredienti per circa 40 Falafel

500 g di ceci secchi

1 cipolla bianca

1 mazzetto di prezzemolo e 1 mazzetto di coriandolo

2 spicchi d’aglio

1 peperoncino verde

acqua q.b. (circa 60 ml)

1 cucchiaio raso di sale

mezzo cucchiaino di semi di coriandolo macinati

1 cucchiaio di cumino in polvere

1 cucchiaio di semi di sesamo

1 cucchiaino di lievito chimico

Olio per friggere

Procedimento

Mettete a bagno i ceci secchi in acqua fredda per 12 ore, avendo cura di mantenerli sempre coperti di acqua. Riasciacquateli e scolateli. In un tritatutto macinate grossolanamente a più riprese piccole quantità di ceci insieme a prezzemolo, coriandolo, cipolla, aglio e peperoncino fino a quando avrete terminato i ceci. Impastate con le mani insieme a sesamo, cumino, coriandolo macinato, sale, aggiungendo piccole quantità di acqua in modo da mantenere un impasto umido e compatto. Lasciate riposare in frigorifero per 2/3 ore o fino al momento di cuocerli. Prima della cottura reimpastate velocemente aggiungendo il lievito. Con l’apposito strumento o con le mani formate delle piccole polpettine della grandezza di una noce e friggetele in olio caldo per 3/4 min o fino quando avranno assunto un bel colore dorato.




Tajine di kefta (polpette speziate) di manzo

 

Cuocere nella tajine dà sempre grandi soddisfazioni. Unisce il caratteristico ricircolo dell’umidità di una pentola a pressione ai risultati di lunghe cotture a bassa temperatura o brasate; il particolare materiale della tajine ha la caratteristica di cedere calore molto lentamente e in modo assolutamente uniforme e questo, insieme al mantenimento di una costante umidità, renderà più semplice eseguire lunghe cotture senza il fastidioso fenomeno delle bruciature dei sughi e delle carni.

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Questa ricetta, di origine marocchina, può essere personalizzata con le spezie che più vi piacciono. La caratteristica delle kefta è quella di essere composte quasi da solo carne, senza uova, pane e formaggio ed è proprio per questo che una lunga cottura renderà il risultato davvero impeccabile. Potete anche prepararle in anticipo, fino a 24 ore prima e riscaldare la tajine al momento di servire. Spegnete il fuoco 30-60 minuti prima di servire e portate in tavola tutto il contenitore. Potete accompagnare con della pita, della challah o anche del buon pane di semola rimacinata.

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Ingredienti (per 4-6 persone):
per le polpette:
700 g di carne trita scelta di manzo
2 piccole cipolle bianche
3 spicchi d'aglio
un ciuffo di coriandolo fresco
un mazzetto di prezzemolo fresco
cumino in polvere
semi di coriandolo macinati
paprika dolce
noce moscata
sale
pepe bianco

per il sugo:
600 g di polpa di pomodoro
1 cipolla bianca
1 ciuffetto di prezzemolo tritato
cumino in polvere
sale
pepe bianco
olio evo
4 uova

Preparazione:

Preparate un trito con il prezzemolo, cipolla, aglio e coriandolo. Create quindi l’impasto delle polpette con il trito di aromi, la carne macinata, un cucchiaio di cumino in polvere, un cucchiaino di paprika dolce, mezzo cucchiaino di noce moscata in polvere, un pizzico di semi di coriandolo in polvere, sale e pepe. Formate le polpette, delle dimensioni di una grossa noce.

Nella tajine, fate soffriggere la cipolla con l’olio d’oliva e due cucchiaini di cumino in polvere; aggiungete quindi la passata di pomodoro e portate a bollore aumentando progressivamente l’intensità del fuoco. Tuffatevi le polpette, distanziandole tra loro e coprite con il coperchio della tajine. Lasciate cuocere a fuoco molto basso per almeno due ore, ma se avete tempo la cottura ideale è di tre ore: la carna sarà tenerissima e il sughetto denso e corposo.

Trascorso il tempo di cottura, aprite la tajine e tuffate anche le uova, aperte singolarmente in una ciotolina. Richiudete e lasciate cuocere altri 5 minuti a fuoco minimo.

Spegnete ora il fuoco e, senza rimuovere il coperchio, lasciate riposare la tajine per almeno 30 minuti prima di servire. La tajine cederà calore molto lentamente e dopo mezz’ora avrete la temperatura ideale per gustare le vostre kefta, che comunque sono buonissime anche tiepide! Portate in tavola tutta la tajine, aprite davanti ai vostri commensali e spolverate con prezzemolo e coriandolo tritati.

Crostata con frolla ovis mollis

La frolla “ovis mollis” è un particolare impasto dalla spiccata friabilità che ben si adatta a biscotti e tartellette ma anche ad ottime crostate. La caratteristica di questo impasto è l’utilizzo dei tuorli d’uovo sodi e dell’amido di mais. Il risultato sarà una frolla estremamente friabile e più morbida.

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Ingredienti (per una crostata di 26-28cm)
200 g di farina 00
80 g di amido di mais
150 g di burro
100 g di zucchero a velo
120 g di tuorli d'uovo sodi (circa 8 tuorli d'uovo sodi)
un cucchiaio di grappa o rum
un pizzico di sale
un pizzico di vanillina
400g di confettura per farcire

Procedimento:

Fate cuocere le uova fino a renderle sode. Lasciatele quindi raffreddare ed estraetene i tuorli.

Setacciate la farina con lo zucchero a velo e l’amido di mais; aggiungete il pizzico di sale e la vanillina. Con le dita, incorporate velocemente il burro ammorbidito a pezzetti alla farina. Aggiungete quindi i tuorli freddi, setacciati e la grappa e impastate velocemente. Lasciate quindi riposare l’impasto della frolla, avvolto in una pellicola, per almeno un’ora in frigorifero.

Stendete quindi la frolla e farcite la crostata; decorate con striscioline di frolla.

Infornate in forno statico a 160° per un’ora. Servite spolverata di zucchero a velo.