La crostata di ricotta e visciole è un tipico dolce della tradizione giudaico romanesca. Il caratteristico sapore acidulo delle visciole è arricchito da uno strato di crema alla ricotta che la rende un dolce ricco e gustoso.
Esistono diverse ricette, ad esempio anche senza uso di latticini. Qui vi proponiamo quella di labna.it, caratterizzata da una frolla al burro molto ricca e dalla lunga cottura della crema.
Per la base di frolla:
Ingredienti per 6 persone
400 g di farina 00
200 g di zucchero
200 g di burro a temperatura ambiente
4 tuorli d’uovo
scorza di limone
Per il ripieno:
400 g di ricotta
120 g di zucchero
1 uovo per il ripieno
2 cucchiai di sambuca
1 vasetto di confettura di visciole (350g)
Procedimento
Preparate la pasta frolla. Rompete il burro ammorbidito a pezzetti nella farina e zucchero e iniziate a impastare con le mani. Aggiungete i tuorli e la scorza di limone e impastate fino ad ottenere un panetto liscio. Avvolgetelo nella piccola e lasciatelo riposare in frigorifero per almeno 30 minuti.
Preparate il ripieno mescolando la ricotta, l’uovo, lo zucchero e il liquore. Imburrate e infarinate una teglia a cerniera di 24 cm. Stendete la sfoglia in un disco spesso 5mm e rivestite la teglia. Bucherellate il fondo della crostata con una forchetta. Spalmate sul fondo della crostata la confettura e sopra di questo la crema di ricotta. Decorate la crostata con le classiche strisce di frolla e fate cuocere a forno caldo 174 C per circa un’ora.
Diffuse in tutto il mediterraneo orientale, i Falafel sono delle fragranti polpettine a base di legumi (ceci ma anche fave) profumate di coriandolo e cumino, da servire appena fritte accompagnate da verdure o come cibo di strada, tipicamente a farcire il tradizionale pane arabo (pita) con condimenti vari.
L’origine dei Falafel così come li conosciamo oggi risale probabilmente alla seconda metà dell’ottocento, anche se la loro ricetta deriva probabilmente dalle polpettine di fave (ta’amiya) che nelle comunità copte egiziane sostituivano la carne durante la quaresima. Questo cibo che si diffuse in Egitto fu in seguito trapiantato in oriente, soprattutto ad opera dei soldati che si spostarono verso la Siria durante le conquiste del comandante ottomano Ibrahim Pasha. I soldati, abituati alle polpettine di fave, sostituirono questo legume con i ceci più abbondanti e reperibili in quelle terre.
Per questa ricetta è importante utilizzare ceci di buona qualità, secchi e ammollati, ma non cotti che mantengono la consistenza dell’impasto che dovrà apparire grezzo e umido. E’ importante lasciare riposare l’impasto per alcune ore per ottenere delle polpette più compatte e malleabili. L’utilizzo di una piccola quantità di lievito chimico renderà i Falafel più gonfi e soffici dopo la frittura.
Vi proponiamo di seguito la ricetta ispirata ai Falafel di Ariel Rosenthal del ristorante Hakosem di Tel Aviv.
Ingredienti per circa 40 Falafel
500 g di ceci secchi
1 cipolla bianca
1 mazzetto di prezzemolo e 1 mazzetto di coriandolo
2 spicchi d’aglio
1 peperoncino verde
acqua q.b. (circa 60 ml)
1 cucchiaio raso di sale
mezzo cucchiaino di semi di coriandolo macinati
1 cucchiaio di cumino in polvere
1 cucchiaio di semi di sesamo
1 cucchiaino di lievito chimico
Olio per friggere
Procedimento
Mettete a bagno i ceci secchi in acqua fredda per 12 ore, avendo cura di mantenerli sempre coperti di acqua. Riasciacquateli e scolateli. In un tritatutto macinate grossolanamente a più riprese piccole quantità di ceci insieme a prezzemolo, coriandolo, cipolla, aglio e peperoncino fino a quando avrete terminato i ceci. Impastate con le mani insieme a sesamo, cumino, coriandolo macinato, sale, aggiungendo piccole quantità di acqua in modo da mantenere un impasto umido e compatto. Lasciate riposare in frigorifero per 2/3 ore o fino al momento di cuocerli. Prima della cottura reimpastate velocemente aggiungendo il lievito. Con l’apposito strumento o con le mani formate delle piccole polpettine della grandezza di una noce e friggetele in olio caldo per 3/4 min o fino quando avranno assunto un bel colore dorato.
Cuocere nella tajine dà sempre grandi soddisfazioni. Unisce il caratteristico ricircolo dell’umidità di una pentola a pressione ai risultati di lunghe cotture a bassa temperatura o brasate; il particolare materiale della tajine ha la caratteristica di cedere calore molto lentamente e in modo assolutamente uniforme e questo, insieme al mantenimento di una costante umidità, renderà più semplice eseguire lunghe cotture senza il fastidioso fenomeno delle bruciature dei sughi e delle carni.
Questa ricetta, di origine marocchina, può essere personalizzata con le spezie che più vi piacciono. La caratteristica delle kefta è quella di essere composte quasi da solo carne, senza uova, pane e formaggio ed è proprio per questo che una lunga cottura renderà il risultato davvero impeccabile. Potete anche prepararle in anticipo, fino a 24 ore prima e riscaldare la tajine al momento di servire. Spegnete il fuoco 30-60 minuti prima di servire e portate in tavola tutto il contenitore. Potete accompagnare con della pita, della challah o anche del buon pane di semola rimacinata.
Ingredienti (per 4-6 persone): per le polpette: 700 g di carne trita scelta di manzo 2 piccole cipolle bianche 3 spicchi d'aglio un ciuffo di coriandolo fresco un mazzetto di prezzemolo fresco cumino in polvere semi di coriandolo macinati paprika dolce noce moscata sale pepe bianco
per il sugo: 600 g di polpa di pomodoro 1 cipolla bianca 1 ciuffetto di prezzemolo tritato cumino in polvere sale pepe bianco olio evo 4 uova
Preparazione:
Preparate un trito con il prezzemolo, cipolla, aglio e coriandolo. Create quindi l’impasto delle polpette con il trito di aromi, la carne macinata, un cucchiaio di cumino in polvere, un cucchiaino di paprika dolce, mezzo cucchiaino di noce moscata in polvere, un pizzico di semi di coriandolo in polvere, sale e pepe. Formate le polpette, delle dimensioni di una grossa noce.
Nella tajine, fate soffriggere la cipolla con l’olio d’oliva e due cucchiaini di cumino in polvere; aggiungete quindi la passata di pomodoro e portate a bollore aumentando progressivamente l’intensità del fuoco. Tuffatevi le polpette, distanziandole tra loro e coprite con il coperchio della tajine. Lasciate cuocere a fuoco molto basso per almeno due ore, ma se avete tempo la cottura ideale è di tre ore: la carna sarà tenerissima e il sughetto denso e corposo.
Trascorso il tempo di cottura, aprite la tajine e tuffate anche le uova, aperte singolarmente in una ciotolina. Richiudete e lasciate cuocere altri 5 minuti a fuoco minimo.
Spegnete ora il fuoco e, senza rimuovere il coperchio, lasciate riposare la tajine per almeno 30 minuti prima di servire. La tajine cederà calore molto lentamente e dopo mezz’ora avrete la temperatura ideale per gustare le vostre kefta, che comunque sono buonissime anche tiepide! Portate in tavola tutta la tajine, aprite davanti ai vostri commensali e spolverate con prezzemolo e coriandolo tritati.
La frolla “ovis mollis” è un particolare impasto dalla spiccata friabilità che ben si adatta a biscotti e tartellette ma anche ad ottime crostate. La caratteristica di questo impasto è l’utilizzo dei tuorli d’uovo sodi e dell’amido di mais. Il risultato sarà una frolla estremamente friabile e più morbida.
Ingredienti (per una crostata di 26-28cm)
200 g di farina 00
80 g di amido di mais
150 g di burro
100 g di zucchero a velo
120 g di tuorli d'uovo sodi (circa 8 tuorli d'uovo sodi)
un cucchiaio di grappa o rum
un pizzico di sale
un pizzico di vanillina
400g di confettura per farcire
Procedimento:
Fate cuocere le uova fino a renderle sode. Lasciatele quindi raffreddare ed estraetene i tuorli.
Setacciate la farina con lo zucchero a velo e l’amido di mais; aggiungete il pizzico di sale e la vanillina. Con le dita, incorporate velocemente il burro ammorbidito a pezzetti alla farina. Aggiungete quindi i tuorli freddi, setacciati e la grappa e impastate velocemente. Lasciate quindi riposare l’impasto della frolla, avvolto in una pellicola, per almeno un’ora in frigorifero.
Stendete quindi la frolla e farcite la crostata; decorate con striscioline di frolla.
Infornate in forno statico a 160° per un’ora. Servite spolverata di zucchero a velo.
Il principio di questo impasto si basa su una lievitazione lunga di circa 8-10 ore, per cui è importante organizzarsi con un certo anticipo; il tempo sarà un ingrediente importante che, insieme ad una farina di buona qualità e ad un buon metodo di cottura renderà il risultato eccellente. Per cui non abbiate fretta.
Se ad esempio avete in programma di cucinare le vostre pizze a cena, iniziate con l’impasto la mattina.
La cottura rappresenta un altro punto critico. Ovviamente, se siete tra i pochi fortunatissimi ad avere a casa un forno a legna con rivestimento in pietra, probabilmente non avrete bisogno di consigli; lo stesso dicasi per chi possiede un forno da pizza elettrico semiprofessionale con pietra refrattaria.
Ma si può ottenere un buon risultato anche nel forno elettrico di casa. Abbiamo sperimentato diversi metodi (e in effetti se fate un giro sul web trovate migliaia di consigli per ottenere una pizza a casa come quella in pizzeria) e in effetti il sistema combinato padella/grill ci sembra uno dei migliori.
La cottura è infatti il momento cruciale della preparazione e la miglior cottura per una pizza eccellente è quella ad alta temperatura (>300°) su pietra, in modo che il tempo di cottura possa essere molto breve (nelle condizioni ideali non più di 90 secondi) e che l’impasto mantenga un buona idratazione e non secchi troppo. I forni casalinghi raggiungono a malapena i 220-230° reali, quindi bisogna rimediare. Abbiamo provato per voi diverse cotture e supporti di cottura. Quello qui descritto vi darà davvero un risultato eccellente.
Ecco come l’abbiamo fatta a casa, ed ecco gli ingredienti e gli strumenti necessari.
Ingredienti (per ogni persona/pizza)
160 g di farina (W260-350 o Manitoba)
100 g di acqua (temperatura ambiente)
1 cucchiaino di olio
3 g di sale
0,5 g circa di lievito di birra fresco (la quantità circa
corrispondende al volume di mezzo chicco di riso)
farina di semola
farina 00
condimenti a piacere
vi serviranno per impasto e cottura:
- una ciotola in cui effettuare la prima lievitazione dell'impasto
- un contenitore di plastica a superficie piana e richiudibile
dove far lievitare i panetti
- una padella antiaderente (meglio se con anima in ghisa)
o pietra refrattaria
Procedimento.
Per prima costa impastate acqua, farina, lievito e olio. Se usate la planetaria, iniziate versando l’acqua e l’olio e poi la farina. Sbriciolate il pochissimo lievito nella farina. Iniziate ad impastare e solo dopo qualche minuto aggiungete il sale. Continuate ad impastare fino ad ottenere una consistenza morbida ed elastica ed una superficie liscia; anche per l’impasto occorre non avere fretta. A mano vi serviranno almeno venti minuti e con l’impastatrice una decina.
Lasciate lievitare tutto l’impasto, coperto da un canovaccio umido, per un’ora a temperatura ambiente, lontano da fonti luminose e di calore.
Riprendete quindi l’impasto (la lievitazione avrà solo avuto inizio, non noterete grosse differenze nel volume dell’impasto) e portatelo su una spianatoia infarinata. Reimpastatelo velocemente con pochissima farina. Dividetelo quindi nei panetti che serviranno poi per ogni pizza, ognuno dei quali avrà un peso di circa 260 grammi ed un aspetto tondo, compatto ed omogeneo ed una superficie liscia e senza crepe.
Riponete i singoli panetti in un contenitore di plastica, distanziati in modo da consentire la lievitazione. Chiudete il contenitore con il suo coperchio o con la pellicola in modo che risulti ben chiuso ma con lo spazio sufficiente per la lievitazione.
A questo punto riponete il contenitore o i contenitori lontano da luce e fonti di calore (a temperatura ambiente) e lasciate lievitare per 6-8 ore, fino al momento di stendere i vostri dischi di pasta.
Arrivato il momento di stendere le vostre pizze, accendete il forno statico a 250°C. Quando il termostato vi indicherà che il forno è a temperatura, accendete il grill. Mettete sul fornello la padella e accendete il gas. Al momento della cottura la superficie dovrà essere rovente e il forno ben caldo con la resistenza del grill accesa.
Aprite i contenitori di plastica e facendo attenzione a non far perdere ai panetti la loro lievitazione, rovesciateli a testa in giù sulla semola. Rigirateli una seconda volta e portateli quindi in una parte asciutta e pulita della spianatoia e iniziate a stenderli a disco (è ottima anche una superficie di marmo infarinata), come lo preferite, piccolo, grande, con o senza cornicione.
Trasferite quindi il disco sulla padella rovente, ancora sul fornello acceso e iniziate a condire la pizza (il tutto impiegherà circa un minuto). Trasferite quindi il tutto (padella compresa) nel forno appena sotto al grill, sempre acceso e con lo sportello aperto. Lasciate cuocere fino a quando il cornicione avrà un bell’aspetto dorato e la mozzarella sarà ben fusa; ci vorranno circa 3 minuti.
Il rotolo ai semi di papavero è un dolce tipico di diverse aree dell’Europa dell’Est; in Polonia viene preparato tradizionalmente nel periodo natalizio e pasquale, con il nome di makoviec. I semi di papavero, da tradizione, sono un simbolo di abbondanza e prosperità. L’impasto è un lievitato non troppo dolce, perfetto per esaltare la fragranza e il gusto, del tutto particolari, del ripieno.
Ingredienti (un rotolo per 10-12 persone)Per l'impasto
200 g di lievito madre
500 g di farina forte 00
125 mL di latte
90 g di burro
150 g di zucchero
2 uova
Per il ripieno
125 mL di latte
180 g di semi di papavero
100 g di zucchero
40 g di burro
1 cucchiaino di cannella in polvere
Per la glassa
zucchero a velo e acqua
Scaldate il latte in un pentolino a cirac 40 C. In una planetaria versate il latte, aggiungete il lievito madre e rompetelo con una mano fino a sfaldarlo nel latte. Aggiungete lo zucchero, la farina, il burro a pezzetti e le uova e iniziate a lavorare con il gancio a foglia. Dopo uno/due minuti aggiungete un pizzico di sale e continuate a lavorare fino a quando l’impasto sarà morbido e soffice. Lasciate lievitare per circa tre ore a temperatura ambiente.
In un pentolino scaldate il latte fino a portarlo ad ebollizione, aggiungete i semi di papavero, lo zucchero, il burro e la cannella e a fuoco dolce e rimastedando frequentemente con un cucchaio di legno cuocete per circa 5/10 minuti. Spegnete il fuoco e lasciate raffreddare.
Recuperate l’impasto e trasferitelo su un piano di lavoro infarinato, rimpastate velocemente con le mani fino ad ottenere un panetto compatto e stendeterlo quindi con un matterello fino ad uno spessore di circa due cm. Distribuite sopra il rettangolo di pasta il ripieno, lasciando scoperti circa due cm di bordo e un terzo della larghezza. Arratolatelo partendo dal alto opposto a quello libero e trasferitelo su una teglia con carta da forno. Coprite con un canovaccio umido e lasciate lievitare altre due ore.
Spennallate la superficie con un tuorlo d’uovo a cui avrete aggiunto due cucchiai di acqua e infornate a 160 C per circa 50/55 minuti. Lasciate raffreddare e intanto preparate la glassa con zucchero a velo e uno/due cucchiai di acqua fredda. Quando il dolce sarà completamente freddo versate sopra la glassa e una spolverata di semi di papavero.
Un piatto famoso della cucina anglo-indiana, importato in epoca Vittoriana o forse anche precedentemente, il kedgeree ha antenati molto antichi tra i piatti a base di riso, legumi e spezie della cucina indiana. Questo piatto era generalmente consumato durante l’English breakfast e faceva parte di quella tradizione anglo-indiana che era molto in voga a fine ‘800. Rientrava pienamente nelle caratteristiche di una colazione sostanziosa e ricca di proteine.
Si tratta di un riso al vapore insaporito con curry e arricchito di un rifreddo di pesce (es merluzzo affumicato), uova sode, prezzemolo o coriandolo, talvolta piselli o uva passa. Può essere servito caldo o freddo. Per questo piatto è ideale il riso basmati, dai chicchi lunghi e sottili e dal caratteristico profumo di cereali tostati; noi abbiamo provato questa ricetta con il riso gladio, un riso italiano molto caratteristico a chicco lungo, ottimo per insalate e antipasti di riso.
Ingredienti (per 6-8 persone)
200 g di riso (gladio o basmati)
450 g di filetti di merluzzo (anche surgelati)
50 g di burro
2 spicchi d'aglio
1 rametto di timo
100 g di piselli
3 uova
1 cipolla
2 cucchiai di curry
1 cucchiaino di semi di coriandolo macinati
pepe nero macinato
sale
il succo di mezzo limone
3 cucchiai di panna liquida (o crema di soia)
abbondante prezzemolo fresco tritato
Preparazione.
Preparate le uova sode. Portate ad ebollizione le uova immerse in acqua fredda e lasciate sobbollire per 10 minuti. Togliete dall’acqua e lasciate raffreddare.
Ora preparate il pesce. Disponete i filetti di merluzzo in una casseruola e coprite con 500mL di acqua leggermente salata; aggiungete due spicchi d’aglio in camicia e un rametto di timo. Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire per 10 minuti. Lasciate quindi raffreddare. Estraete i filetti e teneteli da parte. Filtrate il liquido di cottura e tenete da parte.
Cuocete i piselli in acqua bollente per 8-10 minuti.
Lavate il riso sotto l’acqua corrente fino a quando l’acqua reflua non sarà limpida e trasparente. Eliminate l’acqua in eccesso e riponete il riso in una casseruola con l’acqua di cottura del pesce, filtrata. Coprite con coperchio e portate ad ebollizione; abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per 5 minuti. Spegnete la fiamma e lasciate coperto per altri 10 minuti. Quindi rimuovete il coperchio e sgranate il riso con un cucchiaio di legno. Tenete da parte.
In un’altra casseruola sciogliete il burro con due cucchiai di olio d’oliva. Soffriggetevi la cipolla finemente tritata, a fuoco dolce, per 3-4 minuti. Aggiungete quindi le spezie (curry, coriandolo macinato, pepe), mescolate bene e aggiungete il riso. Lasciate insaporire per 2-3 minuti a fuoco vivace. Aggiungete quindi i piselli, la panna, il succo di limone e metà del prezzemolo tritato. Sfaldate il pesce in piccoli fiocchi con le mani e aggiungetelo tutto al riso, tenendolo a fiamma vivace.
A parte sgusciate le uova sode e rompetele/schiacciatele in piccoli pezzi con i rebbi di una forchetta.
Trasferite il kedgeree su un piatto da portata ovale e decorate con le uova sode a pezzetti e il prezzemolo fresco; aggiungete, se volete, una spolverata di semi di coriandolo tritati.
La particolarità di questa gustosa torta salata dall’involucro croccante e fragrante, è l’uso del pollo già arrostito, facilmente reperibile e dalla consistenza adatta per un ripieno che sarà denso e cremoso grazie alla Roux al burro.
Ingredienti (per una pie per 8 persone)
per l'involucro
500 g di farina 00
250 g di strutto
150 mL di acqua molto fredda
10 g di sale
per il ripieno
la polpa di un pollo arrostito, disossato e senza pelle
6 fette di bacon affumicato, tagliato a pezzetti
3 porri
45 g di burro
45 g di farina 00
250mL di latte
200mL di brodo di pollo
100 g di piselli
1 cucchiaio di senape forte
25 g di prezzemolo tritato
un uovo sbattuto per spennellare
Preparazione.
Preparate l’impasto. Mescolate la farina e il sale; aggiungete lo strutto ammorbidito ed impastate fino ad ottenere un comporto che agglomera in piccole briciole. Aggiungete l’acqua, molto fredda, e continuate ad impastare fino ad ottenere un impasto liscio. Avvolgetelo in una pellicola e lasciate riposare in frigorifero.
In una casseruola riscaldate due cucchiai d’olio con i pezzetti di bacon affumicato. Lasciate rosolare fino a caramellare appena la carne, quindi abbassate la fiamma e aggiungete i porri tagliati a rondelle. Lasciate stufare con coperchio a fiamma bassa per qualche minuto, fino a quando i porri saranno morbidi.
Intanto scaldate separatamente in un pentolino il burro; quando sciolto, aggiungete la farina per fare la Roux e incorporate bene. Aggiungete quindi il latte, lentamente, fino ad incorporarlo tutto in una consistenza cremosa. Versate quindi la Roux nella casseruola con porri e bacon e mescolate bene fino a quando tutto non avra raggiunto una consistenza densa e cremosa.
Aggiungete il brodo di pollo portato ad ebollizione e i piselli. Cuocete per 2-3 minuti. Togliete quindi dal fuoco e aggiungete la senape, gli sfilacci di pollo e il prezzemolo tritato.
Riscaldate il forno, ventilato, a 180°C.
Riprendete il panetto di pasta. Dividetelo in due parti, l’una il doppio dell’altra. Rivestite uno stampo con apertura con la carta da forno.
Stendete il panetto più grande con il matterello (circa 5mm) e rivestite il fondo e i bordi dello stampo. Riempite con il ripieno. Stendete il secondo panetto e chiudete la pie, sigillando i bordi pinzandoli con le dita e creando eventualmente delle decorazioni con i pezzetti di pasta che vi rimangono dai ritagli. Create uno o più fori sulla parte superiore della pie per lasciar uscire il vapore che si formerà in cottura. Spennellate con l’uovo sbattuto e infornate a 180° per 75-80 minuti (utilizzate uno dei livelli inferiori; lasciate cuocere fino a quando la superficie apparirà di un bel colore dorato e comunque non meno di 70 minuti).
Lasciate raffreddare per mezz’ora circa. Sformate e servite.
Di carne, pesce o vegetariani, i ravioli cinesi sono un piatto dall’inconfondibile profumo d’Oriente, semplice da preparare e di sicuro effetto. Il trucco sta nell’equilibrio dei sapori e nella freschezza e qualità degli ingredienti. La cottura ideale è quella a vapore in un cestello di bambù, che li rende soffici e fragranti.
Ingredienti (per circa 30 ravioli)carne macinata di maiale 500gzenzero fresco grattugiato 50gporro 180gcarote 80gerba cipollina 10gverza 400gsalsa di soia 50mLolio di sesamo 25mLsale, pepe
per la pasta
375 g di farina 00
225 g di acqua
Procedimento.
Preparare il ripieno. In un mixer tritare le foglie di verza, il porro, le carote. Unire la carne macinata e lo zenzero grattugiato. Salare e pepare. Aggiungere la salsa di soia e l’olio di sesamo e impastare con le mani. Lasciare riposare il ripieno in frigorifero per un paio d’ore.
Preparare la pasta dei ravioli. Impastare la farina con l’acqua. Se avete una planetaria potete portare l’acqua a 60-70°C e impastare con gancio a foglia. Se impastate a mano utilizzate acqua tiepida ma non fredda. Ottenuto un panetto liscio ed elastico, avvolgete con la pellicola e lasciate riposare almeno 30 minuti.
Stendete la pasta piuttosto sottile, eventualmente con l’aiuto della macchina per la pasta. Ottenete dei dischi di circa 7-8 cm di diametro. Riempite ogni disco con un po’ di ripieno (circa un cucchiaino da the colmo). Per la chiusura del raviolo esistono varie forme e tecniche; potete utilizzare una tecnica simile a quella della chiusura dei culurgiones sardi (a spiga) o a mezzaluna (chiudendo uno dei due lati a pieghe).
Preparate quindi il cestello di bambù: rivestite il fondo del cestello con un disco di carta da forno bucherellata. Adagiate quindi i ravioli all’interno, un po’ distanziati tra loro, chiudete il cestello e riponete su una casseruola con acqua in ebollizione. Cuocete a vapore per 20 minuti.
Potete servire i ravioli caldi, insieme ad una ciotolina in cui avrete mescolato 20mL di salsa di soia con due cucchiai di aceto di riso e un cucchiaino di zucchero.
Una finissima e leggerissima presenza, impalpabile, ma che racchiude in un aroma inconfondibile innumerevoli mondi, dalle terre lontane che le hanno dato origine, alla storia di tradizioni secolari che l’hanno scelta quale insolubile anima di un cibo, un vivificante profumo che trasforma, rievoca, scolpisce. Una spezia è un mondo insostituibile, tollerante, che con modi gentili si insinua e permane nella la perdita di una ingenuità che formerà per sempre un carattere adulto e maturo. Nei piatti, nelle cucine, nei popoli.
A very fine and light presence, almost impalpable, but that encloses in an unmistakable aroma countless worlds, from the distant lands that gave rise to it, to the history of secular traditions that have chosen it as the insoluble soul of a food, a vivifying scent that transforms, evokes, sculpts. A spice is an irreplaceable, tolerant world, which with gentle ways creeps in and remains in the loss of a naivety that will form forever an adult and mature character. In the dishes, in the cuisines, in the peoples.
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Mashya è il nome ebraico del macis e nell’omonimo ristorante, a Tel Aviv, il profumo del macis ci avvolge appena varcata la soglia, in una elegante lounge all’interno del Mendeli St. Hotel. Lo chef Yossi Shitrit firma un menù che si ispira alla millenaria tradizione della cucina ebraico-marocchina con alcune contaminazioni di origine turca che sono oggi parte della cultura arabo-israeliana. Un menù di nuove forme e sorprese ma con solidi richiami e tributi al passato.
Mashya is the Hebrew word for mace and in the restaurant of the same name in Tel Aviv, the scent of mace envelops us as soon as we cross the threshold, in an elegant lounge inside the Mendeli St. Hotel. Chef Yossi Shitrit has created a menu inspired by the thousand-year-old tradition of Moroccan-Jewish cuisine with some contaminations of Turkish origin that are now part of Arab-Israeli culture. A menu of new forms and surprises but with solid references and tributes to the past.
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Ecco alcuni dei piatti dello chef, che sono anche un assaggio di quell’enciclopedico melting pot che è il bacino del Mediterraneo.
Here are some of the chef’s dishes, which are also a taste of that encyclopedic melting pot that is the Mediterranean basin.
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Rucola, labna, datteri medjool, ananas e miele di fiori di avocado (arugula, labane, medjool dates, pineapple and avocado blossom’s honey)
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Sashimi di ricciola, zkhug di sedano, cetrioli e vinaigrette al limone (yellowtail sashimi, celery zkhug, pickled cucumbers & lemon vinaigrette)
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“Asado” di zucca, miele, paprika del Marocco e crème fraiche (pumpkin “Asado”, honey, Moroccan paprika & crème fraiche)
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Gamberi, spinaci, funghi arrostiti, baharat alla fava Tonka e spuma di mais (shrimp, spinach, roasted mushrooms, Tonka baharat & corn foam)
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Qatayef di agnello, zkhug e tahina (lamb neck “kattayef”, spicy green paste & tahini)
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Iceberg, noci pecan affumicate, pecorino della galilea e vinaigrette al sumac (iceberg lettuce, smoked pecan, Galilean pecorino & sumac vinaigrette)
Malabi con pistacchio, zucca marinata e gelato al coriandolo (pumpkin dessert)